Non è stato facile ricostruire più di sessant’anni di storia, partendo unicamente da un a data “Luglio 1946”, trovata quasi per caso nell’archivio parrocchiale di Chiusura. Con un faticoso lavoro di memoria fatto di ricordi, contatti, consultazioni e aneddoti, siamo riusciti a ritrovare copioni e i personaggi che li hanno interpretati. Sicuramente qualcuno sarà stato dimenticato e ce ne rammarichiamo poiché il nostro intento era di scovarli tutti senza distinzione.
Come tutti gli inizi anche questo è caratterizzato da vicende “suggestive”. Luigi Martignani, uno dei fondatori della nostra compagnia, ha raccontato molte volte di come si svilupparono i lavori per costruire il primo palcoscenico. Tutto ebbe inizio da un tronco di pioppo, utilizzato come puntello nel rifugio da una famiglia durante la guerra, il quale fu caricato su una biroccia attaccata alla somara, “la brèca ed Sandrèta” e portato in segheria per essere tagliato. Era una fredda mattina d’inverno, le strade erano ghiacciate e nel tragitto per ben tre volte la povera bestia scivolò e cadde, così fra le risate e la fatica del rimetterla in piedi, l’impresa fu portata a termine solo verso sera. Inizialmente la compagnia era rigidamente separata in maschile e femminile, come si addiceva a quei tempi e le recite erano in lingua. Nei primi anni che seguirono la fondazione, l’attività si sviluppò in maniera continuativa per poi subire un rallentamento.
Il 1958 fu un anno chiave per il prosieguo e lo sviluppo della compagnia; fu inviato in parrocchia don Romano Fiorentini per aiutare l’Arciprete don Giovanni Marani, ormai anziano e malato. Il giovane sacerdote, grande amante del teatro, riuscì a coinvolgerci in questa sua passione e l’attività riprese con nuovo entusiasmo. Il
25 dicembre 1958 portammo cosi in scena “Villa Paradiso” riscuotendo grande successo e da allora l’attività è continuata sino ad oggi senza interruzioni.
La prima commedia in cui uomini e donne poterono recitare insieme, fu autorizzata nel 1964 dal nuovo parroco Don Dino Pederzoli dopo lunghe insistenze ed accurata ricerca di due ragazze “stasunèdi”. Il testo rappresentato “Temp ed Guèra” di Ugo Piazza, ma questo rimase un episodio isolato, e ancora per alcuni anni si continuo a recitare separati.
Alla fine degli anni sessanta, un grande amico faentino, Tommaso Piazza detto ‘Masi”, ci fece incontrare un altro faentino doc, Giuliano Bettoli, un grande del teatro dialettale di Faenza e dintorni. Ci diede alcuni testi da lui tradotti e da allora cominciammo a recitare commedie dialettali.
Il grande salto nella stagione 1975/1976: la C.A.R.S.(Cooperativa Assistenza Ricreazione Sociale) organizzò la prima rassegna delle filodrammatiche imolesi al Teatro Comunale di Imola. Partecipammo con molto coraggio e tanta incoscienza, e da allora è stata una continua ricerca per migliorare regia, recitazione, scenografie,
costumi, effetti, per stare al passo con gli altri gruppi del territorio, e per portare in scena opere curate e gradite al pubblico.
‘Fare commedie “per una compagnia amatoriale è un’attività certamente non redditizia, ma gratificante per la soddisfazione personale e per il divertimento degli spettatori tanto nella piccola saletta parrocchiale, quanto nei teatri più celebri. Questo ripaga delle lunghe serate trascorse nella ricerca del testo, nelle prove spossanti per non accontentarsi del “come viene”, nella preparazione delle scenografie, nella ricerca dei costumi, nel montaggio e smontaggio delle scene dopo ogni recita.
Ciò che dà la spinta a continuare è l’emozione che ti prende quando sali sul palcoscenico, è il desiderio di metterti ancora in gioco con un nuovo personaggio da costruire e da interpretare, è lo stare bene insieme e il divertirsi nonostante la fatica delle prove che impegnano mesi e mesi, con l’immancabile coda di litigi e incomprensioni. Ma sono le difficoltà che cementano la vera amicizia.
Si parla di teatro come scuola di vita perché è luogo che educa all’accoglienza degli altri, al lavoro comunitario, alla conoscenza e alla padronanza di sé; aiuta a costruire dei saldi vincoli di amicizia che restano anche quando le vicissitudini della vita ci allontanano dal gruppo. L’invito Rassegne e ai concorsi nei teatri dell’Emilia Romagna e il successo incontrato, ci hanno ripagato delle fatiche e dell’impegno profusi nell’allestimento delle opere portate in scena.
Ma non esiste teatro senza un pubblico, perciò dobbiamo dire un grande grazie a quanti ci hanno seguito in questi anni per il calore, l’affetto, la stima e l’amicizia che hanno ci sempre dimostrato.